16 ottobre 2010

16 ottobre 2010
Attualissimi.

martedì 15 marzo 2011

Democrazia del pubblico all'italiana.....

Nella "democrazia del pubblico", peraltro, i partiti non scompaiono, ma si riorganizzano - appunto. Intorno ai leader. Coerentemente con la presidenzializzazione dei governi occidentali. L'idea della postdemocrazia appare, per questa ragione, nostalgica. Evoca un'età dell'oro, quella dei partiti e della partecipazione di massa che, forse, non è mai esistita. E che, comunque, si è conclusa quando i partiti di massa si sono ridotti a oligarchie lontane dalla società. Investiti, anche per questo, da un'onda di sfiducia impetuosa e impietosa. Respingere l'idea della "democrazia del pubblico" tutta insieme, trattare come "populista" ogni forma di partecipazione e di comunicazione che non segua la strada tradizionale del partito di massa, pone, semmai, alcuni seri problemi. In particolare, delegittima e, quindi, ostacola la ricerca di leadership "personali" capaci e "rappresentative". Un problema serio, oggi, soprattutto per il centrosinistra, soffocato da partiti oligarchici. Inoltre, non permette di comprendere il significato vero dell'anomalia italiana. Che non coincide con la "democrazia del pubblico". Ma con una questione assai più antica, alle radici della democrazia liberale. L'equilibrio dei poteri e dei controlli (a cui fa riferimento, tra i primi, il barone di Montesquieu). Tra le istituzioni di governo, gli attori della rappresentanza e, soprattutto oggi, l'Opinione Pubblica - garanzia di controllo e dibattito sulle pubbliche decisioni. In Italia questo equilibrio appare violentemente "squilibrato". È questo l'aspetto che distingue il caso italiano dalle altre "democrazie del pubblico". Non tanto il crescente ruolo dei media e delle persone, nelle istituzioni e nei partiti, neppure il ricorso sempre più ampio al marketing in politica. È, invece, la concentrazione dei poteri essenziali - governo, partiti, media - in una sola persona. La democrazia del pubblico non è post-democratica.